Crisi delle OTA: e se il Covid fosse solo un pretesto?
La pandemia è l’unica causa scatenante della crisi delle OTA oppure lo shock economico causato dalla diffusione del Covid-19 ha semplicemente enfatizzato la frattura già esistente nel mondo del turismo, portando alla luce il gap esistente tra gli interessi delle OTA e le esigenze del turista moderno?
Domanda alla quale rispondono i dati che evidenziano chiaramente degli scricchiolii nel mondo delle OTA già a fine 2019.
Booking.com ha abituato il mercato a tassi di crescita a doppia cifra, invece nel primo trimestre del 2019 il loro fatturato è cresciuto solo dell’1,6%. Trivago, metasearch controllato da Expedia, continua a calare, con un -20% di fatturato e anche TripAdvisor registra cifre in calo a fine 2019.
Situazione ancora più critica per eDreams che nel 2019 annunciava già una drastica riduzione del personale nell’ufficio di Milano, con un calo del fatturato di circa il 3%, dopo un 2018 che aveva già visto un calo del 5% delle prenotazioni dei voli e un calo del 7% delle prenotazioni dei prodotti non-volo.
Anche il colosso dei viaggi online Expedia a Febbraio 2020 annunciava una riduzione della forza lavoro su scala globale del 12%, pari a circa 3.000 persone, per una maggior disciplina e controllo nel definire le priorità e assegnare le risorse.
Lo stesso presidente di Expedia, Barry Diller, ha attaccato i processi e il modo di lavorare dell’azienda, definendoli “sclerotizzati e elefantiaci”.
Parole che testimoniano come anche i precursori dell’innovazione diventano obsoleti se non continuano a sperimentare, evolvere e cambiare seguendo i trend del mercato.
Quali sono le cause della crisi delle OTA?
Il mondo delle OTA soffre di una crisi precedente al Covid-19 che è la conseguenza di un’inadeguatezza degli attuali sistemi di prenotazione online che non rispondono ai nuovi stili di viaggio e consumo.
Un’ombra sulle OTA che si fa ancora più scura con l’avanzare di nuove tecnologie che facilitano il viaggiatore nella scelta dell’hotel giusto, come i Metamotori e il peso sempre maggiore di Big G nel settore travel.
Google, infatti, ha rilasciato nuove funzionalità nella sezione travel con soluzioni sempre più personalizzate per scegliere, pianificare e organizzare i viaggi, utilizzando anche il profilo Google dell’utente, le ricerche sulla piattaforma, le preferenze e i luoghi già visitati.
L’algoritmo super intelligente è in grado non solo di dare risposte personalizzate in base a una richiesta ma anche di suggerire future destinazioni di viaggi.
Cosa cerca il turista moderno?
Nuovi strumenti prendono il posto dei tool di dynamic packaging delle OTA, troppo rigidi e iperstandardizzati per stare al passo con le esigenze di personalizzazione del turista moderno.
Venti anni fa l’avvento di Internet e delle OTA trasformava il settore travel. Oggi l’industria turistica affronta un nuovo cambiamento perché la tecnologia e l’intera impresa devono ripensarsi in ottica cliente-centrica.
In uno studio di Google e PhocusWright si evidenzia la centralità del cliente in tutto il processo di acquisto.
Infatti, il 57% dei viaggiatori pensa che i brand dovrebbero personalizzare la loro esperienza di acquisto sulla base delle preferenze personali o del profilo di comportamento del cliente e il 36% dei clienti è portato a pagare un prezzo più alto per i servizi personalizzati (Google/Phocuswright Travel Study 2017).
Inoltre, il 72% dei viaggiatori ricercano esperienze (fonte Skift.com) in grado di riflettere la cultura nativa della destinazione e il 67% dei viaggiatori alto-spendenti preferisce spendere di più in attività ed esperienze.
Personalizzazione ed esperienze: queste sono le esigenze del turista moderno.
Una nuova sfida è stata lanciata alle OTA: riusciranno ad adattarsi ai nuovi trend del mercato o si creerà spazio per nuovi modelli di business più umani e meno standardizzati?